Mi chiamo Anna e dal 1998 sono missionaria dell’APG23 con mio marito Reno in Brasile. 18 anni di missione, i primi tredici vissuti nella città di Araçuaí ed i successivi a Salvador de Bahia.

Mi suona sempre strano definirmi “missionaria” se penso alle grandi figure associate a questo ruolo.

In Italia mio marito ed io abbiamo lasciato le famiglie d’origine, gli amici, il lavoro, la casa, tutto quanto avevamo e siamo partiti senza avere neppure troppa consapevolezza della strada che stavamo imboccando.

Io ero un’insegnante delle medie e pensavo che fosse quella la mia vocazione, ma appena arrivata in Brasile ho subito capito che era questo il mio posto.

Una volta chiesi a don Oreste come facevo ad essere sicura che questa fosse la mia strada. Lui mi rispose che lo avrei capito se mi fossi sentita felice e realizzata della vita che conducevo.

Ed io oggi l’ho capito con certezza. Mi sento così, appagata pienamente dal mio ruolo di mamma, sorella, zia di chi ha bisogno e viene accolto nella mia famiglia.

Sono qui per vivere con questa povera gente, per poter dire loro “Non temere, sono qui con te”.

La missione dell’APG23 è condividere la vita con gli ultimi e noi, i nostri ultimi, li abbiamo qui.

Sono bambini, adolescenti e adulti che hanno bisogno di avere l’amore di una mamma e di un papà, anche solo temporaneamente. In tutti questi anni nella nostra casa famiglia sono passate almeno cinquanta persone. Alcune sono rimaste per poco tempo, altre invece sono state con noi fino a raggiungere l’autonomia personale ed economica.

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di far capire loro che c’è sempre una speranza per il futuro.

Certo non è facile per le persone che accogliamo sentirsi improvvisamente figli di due sconosciuti, per di più stranieri. Penso alle mamme che hanno vissuto con noi e che da un giorno all’altro hanno dovuto seguire le regole della nostra casa.

Con i piccoli è molto più facile, hanno talmente tanto bisogno di sentirsi amati che ti si gettano in braccio. Sono proprio loro i nostri angeli, come li chiamava don Oreste. Sono loro che ci cambiano, rendendoci più umani, allargandoci il cuore ed infondendoci l’energia per accoglierne altri.

Anna